FONTI NORMATIVE

Breve excursus sulle norme principali delle leggi istitutive e sulle leggi di autonomia e privatizzazione (1)


La Cassa Nazionale del Notariato è stata istituita con R.D.L. 9 novembre 1919, n. 2239; essa aveva il compito primario di corrispondere un assegno supplementare ai notai i cui onorari non avessero rag­giunto complessivamente nell’anno un minimo predeterminato di repertorio (art. 4). Con il R.D.L. 27 maggio 1923, n. 1324, veniva avviata la costituzione di una Cassa Pensioni a favore dei notai cessati dall’esercizio e delle loro famiglie (art. 3) istituita, successivamente, con il D.M. 13 ago­sto 1924 che prevedeva, altresì, la possibilità di erogare sussidi a favore dei notai e delle loro famiglie, in condizioni di indigenza (art. 1).
La legge 3 agosto 1949, n. 577, con la quale venne istituito il Consiglio Nazionale del Notariato, fissa­va uno stretto legame tra Consiglio e Cassa, stabilendo che i membri della Commissione amministratri­ce, presieduta dal Direttore Generale degli affari civili e delle libere professioni del Ministero di Grazia e Giustizia, fossero designati dal Consiglio Nazionale tra i propri consiglieri.
Con la legge 20 marzo 1975, n. 70, la Cassa entrava a far parte della sfera pubblica quale ente gesto­re di forme obbligatorie di previdenza e assistenza. Il D.P.R. 12 ottobre 1990, n. 317, ha operato una prima regolamentazione organica delle attività di assistenza e di previdenza della Cassa, rispetto alla delibera adottata dalla Commissione Amministratrice il 21 ottobre 1955, più volte modificata ed integra­ta nell’arco di oltre trenta anni.
Con la legge 27 giugno 1991, n. 220, ha avuto luogo la completa separazione amministrativa del Consiglio Nazionale dalla Cassa; quest’ultima ha ottenuto un proprio autonomo Consiglio di Amministrazione, autorizzato a procedere alla nomina del Presidente nell’ambito dei suoi consiglieri. Tale legge ha portato anche ad una migliore identificazione dei compiti di previdenza e assistenza, per i quali è stata prevista l’emanazione di appositi regolamenti.
Il D. L.gs 30 giugno 1994, n. 509, ha riportato la Cassa nell’ambito privatistico, consentendo la trasfor­mazione della stessa in persona giuridica di diritto privato sia pure conservando i controlli ministeriali dipendenti dalla natura di funzione pubblica dell’attività previdenziale.
Con delibera del 9 novembre 1994, il Consiglio di Amministrazione ha scelto la forma di Ente Associativo di diritto privato con decor­renza dal 1° gennaio 1995. Il nuovo Statuto ed i relativi regolamenti, contestualmente adottati, sono stati approvati con Decreto interministeriale del 22 settembre 1995, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 1995. Le successive modificazioni sono state approvate con Decreto interministeria­le a norme di Statuto.

(1) Il testo delle norme citate e delle principali delibere adottate dalla Cassa Nazionale del Notariato è ripor­tata nel volume Raccolta delle leggi e dei regolamenti della Cassa Nazionale del Notariato dal 1919 al 1994 edito dalla Cassa nel 1994.

D.Lgs. 26 MARZO 2001, N. 151 TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONE LEGISLATIVE IN MATERIA DI TUTELA E SOSTEGNO DELLA MATERNITA' E DELLA PATERNITA', A NORMA DELL’ARTICOLO 15 DELLA LEggE 8 MARZO 2000 N. 53

CAPO XII  - LIBERE PROFESSIONISTE (testo in vigore dal 29/10/2003)

Art. 70 - Indennità di maternità per le libere professioniste

  1. Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza di cui alla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antece¬denti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa.
  2. L’indennità di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all’80 per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento.
  3. In ogni caso l’indennità di cui al comma 1 non può essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo. 3 bis. L’indennità di cui al comma 1 non può essere superiore a cinque volte l’importo minimo derivan¬te dall’applicazione del comma 3, ferma restando la potestà di ogni singola cassa di stabilire, con deli¬bera del Consiglio di Amministrazione, soggetta ad approvazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità reddituali e contributive della categoria professionale e della compatibilità con gli equilibri finanziari dell’Ente.

Art. 71 - Termini e modalità della domanda

  1. L’indennità di cui all’articolo 70 è corrisposta, indipendentemente dall’effettiva astensione dall’attività, dal competente Ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti, a seguito di apposita domanda presentata dall’interessata a partire dal compimento del sesto mese di gra¬vidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dal parto.
  2. La domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico comprovante la data di ini¬zio della gravidanza e quella presunta del parto, nonché dalla dichiarazione redatta ai sensi del decre¬to del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’inesistenza del diritto alle indennità di maternità di cui al Capo III, X e al Capo XI.
  3. L’indennità di maternità spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il compimento del sesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi spontanei o volontari, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194.
  4. I competenti Enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in favore dei i liberi professionisti provvedono d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.

Art. 72 - Adozioni e affidamenti

  1. 1. L’indennità di cui all’articolo 70 spetta altresì per l’ingresso del bambino adottato o affidato, a condi¬zione che non abbia superato i sei anni di età.
  2. La domanda, in carta libera, deve essere presentata dalla madre al competente Ente che gesti¬sce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall’ingresso del bambino e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l’inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del bambi¬no nella famiglia.
  3. Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del provvedimento di adozione o di affidamento.

Art. 73 - Indennità in caso di interruzione della gravidanza

In caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, verificatasi non prima del terzo mese di gravidanza, l’indennità di cui all’articolo 70 e’ corrisposta nella misura pari all’80 per cento di una mensilità del reddito o della retribuzione determinati ai sensi dei commi 2 e 3 del citato articolo 70.
La domanda deve essere corredata da certificato medico, rilasciato dalla U.S.L. che ha fornito le prestazioni sanitarie, comprovante il giorno dell’avvenuta interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, ai sensi della legge 22 maggio 1978, n. 194, e deve essere presentata al competente Ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data dell’interruzione della gravidanza.

D.P.R. 29-12-1973, N. 1092 APPROVAZIONE DEL TESTO UNICO DELLE NORME SUL TRATTAMENTO DI QUIESCENZA DEI DIPENDENTI CIVILI E MILITARI DELLO STATO.

TITOLO V
TRATTAMENTO DI RIVERSIBILITA'

Art. 82 - Orfani

Gli orfani minorenni del dipendente civile o militare di cui al primo comma dell’art. 81 ovvero del pensionato hanno diritto alla pensione di riversibilità; la pensione spetta anche agli orfani mag­giorenni inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni, conviventi a carico del dipen­dente o del pensionato o nullatenenti. Ai fini del presente articolo sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad univer­sità o ad istituti superiori equiparati, per tutta la durata del corso legale degli studi e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età. Sono considerati alla pari degli orfani i figli adottivi, purché la domanda di adozione sia stata pre­sentata dal dipendente o dal pensionato prima del sessantesimo anno di età, nonché i figli natu­rali riconosciuti o giudizialmente dichiarati, purché la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità sia anteriore alla data di morte del dante causa. Qualora non sopravvivano figli legitti­mi o legittimati ovvero se essi non hanno diritto a trattamento di reversibilità, tale trattamento spetta anche agli affiliati, purché la domanda di affiliazione sia stata presentata dal dipendente o dal pensionato prima del compimento del sessantesimo anno di età. Si prescinde dalla condizione della convivenza quando questa sia stata interrotta per motivi di forza maggiore quali l’adempimento di obblighi di servizio, le esigenze di studio o l’internamento in luoghi di cura o in altri istituti. Agli orfani minorenni del dipendente civile o militare deceduto dopo almeno un anno intero di ser­vizio effettivo senza aver maturato, rispettivamente, l’anzianità prevista dall’art. 42, comma secondo, o dell’art. 52, comma primo, spetta un’indennità per una volta tanto.

Art. 83 - Genitori

Se al dipendente di cui al primo comma dell’art. 81 o al pensionato non sopravvivono il coniuge né figli o affiliati ovvero se tali congiunti non hanno diritto alla pensione di river­sibilità, questo spetta al padre o, in mancanza, alla madre, purché siano inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni nonché nullatenenti e a carico del dipendente o del pensionato. In mancanza dei genitori legittimi o che abbiano legittimato il dante causa, la pensione spetta, nell’ordi­ne, agli adottanti, ai genitori naturali, agli affilianti. Alla madre vedova è equiparata quella che alla data del decesso del figlio viveva effettivamente sepa­rata dal marito, anche se di seconde nozze, senza comunque riceverne gli alimenti. Ove il marito sia il padre del dante causa e possegga i requisiti per conseguire la pensione, questa è divisa in parti uguali tra i genitori. Quando, ferme restando le altre condizioni, la separazione tra i coniugi avvenga posteriormente alla morte del dante causa, alla madre spetta la metà della pensione già attribuita al padre o che potrebbe a questi spettare. È equiparata alla madre vedova quella che sia passata a nuove nozze, ove il marito sia inabile a profi­cuo lavoro.

Art. 84 - Fratelli e sorelle

In mancanza degli aventi causa indicati negli articoli precedenti del presente titolo ovvero se essi non hanno diritto alla pensione di riversibilità, questa spetta ai fratelli e alle sorelle, anche naturali, del dipendente sta­tale di cui al primo comma dell’art. 81 o del pensionato, purché siano minorenni ovvero inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni, nonché conviventi a carico del dante causa e nullatenenti. Si applica l’art. 82, comma terzo.

Art. 85 - Condizioni economiche

Ai fini del diritto alla pensione di riversibilità, gli orfani maggiorenni, i genitori e i fratelli e le sorelle mag­giorenni del dipendente statale o del pensionato si considerano a carico di lui quando questi forniva loro, in tutto o in parte preponderante, i necessari mezzi di sussistenza. Agli stessi fini si considera nullatenente chi non risulti possessore di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche, indipendentemente dalle modalità di riscossione dell’imposta medesima, per un ammontare superiore a lire 960 mila annue. L’accertamento delle condizioni previste dal precedente comma è effettuato dall’amministrazione tra­smettendo ai competenti uffici finanziari la dichiarazione resa dall’interessato sulla sussistenza delle condizioni medesime.
Nel caso di morte del pensionato residente all’estero, il diritto alla pensione di riversibilità spettante ai fami­liari suindicati è subordinato alla sussistenza di condizioni economiche non superiori a quelle previste dal secondo comma, accertabili, ove occorra, mediante dichiarazione delle competenti autorità consolari. Per la definizione delle situazioni anteriori al 1° gennaio 1974 si considera nullatenente chi non era assoggettabile, secondo le leggi allora vigenti, all’imposta complementare.

Art. 86 - Sussistenza e cessazione delle condizioni previste

Le condizioni soggettive previste per il conseguimento del diritto al trattamento di riversibilità devono sussistere al momento della morte del dipendente o del pensionato. Qualora dette condizioni vengano meno, la pensione di riversibilità è revocata. La stessa norma si appli­ca nel caso in cui cessi lo stato di bisogno della vedova in godimento dell’assegno alimentare. La disposizione del primo comma si applica anche per la mancanza di congiunti di ordine precedente, aventi diritto alla pensione di riversibilità, salvo quanto disposto nel successivo art. 87. E’ fatto obbligo agli interessati di comunicare alla competente direzione provinciale del tesoro la cessa­zione delle condizioni che hanno dato luogo all’attribuzione della pensione o dell’assegno alimentare, nonché il verificarsi di qualsiasi evento che comporti variazione della misura della pensione stessa ovve­ro soppressione degli assegni accessori.

Art. 87 - Consolidamento

La pensione di riversibilità spettante al padre del dante causa si consolida, in caso di sua morte, in favo­re della madre. Se i genitori del dante causa vivevano separati e ciascuno di essi godeva della pensio­ne, questa, in caso di morte dell’uno, si consolida nell’altro. Il consolidamento si attua inoltre dal genitore, al quale spettava per ultimo la pensione, ai fratelli e alle sorelle del dante causa, purché le condizioni stabilite per l’acquisto del diritto alla riversibilità in favore di detti collaterali risultino sussistenti dal momento della morte del dante causa a quello della morte del genitore.